sul futuro
Il futuro è come il cielo notturno. Immenso, sconfinato, insondabile. La verticale che unisce il tuo sguardo al cielo collima con la linea orizzontale che unisce l’istante presente al futuro.
LE ALI DEI TUOI PENSIERI
Il futuro è come il cielo notturno. Immenso, sconfinato, insondabile. La verticale che unisce il tuo sguardo al cielo collima con la linea orizzontale che unisce l’istante presente al futuro.
I testi poetici di Chandra Livia Candiani ci appaiono come fughe dal rumore del mondo, ma a uno sguardo più ravvicinato si configurano come itinerari nel silenzio cosmico. E’ questo, forse, lo spazio utopico della poesia. Una linea di fuga via dal rumore del noto, un continuo incespicare verso il silenzio dell’Invisibile.
In alcuni appunti dello Zibaldone datati 1820-1821, Leopardi associa la disperazione a una ‘gioia barbara’ dal sapore dionisiaco. Al contrario di quanto scrive il luterano Kierkegaard nel giro degli stessi anni, la disperazione del Recanatese si carica di una paradossale potenza liberatoria, è una potenza costituente dell’essere. Non il tracollo dell’io su se stesso, ma l’apertura…
Nei testi poetici di Paul Celan, il silenzio incombe come una foschia che avvolge cose, memorie, emozioni attraversando la frontiera tra cosmo e spazio interiore. Mi azzardo a dire che in Celan il silenzio ha uno spessore ontologico. Il silenzio è la vibrazione dell’Essere.
La poesia nasce come magia della parola, incanto del significante, ritmo e phoné che precede il costituirsi del significato. E’ un’antica intuizione che ritorna nella grande poesia del Novecento, penso soprattutto a Dino Campana. Perdere il senso magico della parola significa perdere il senso autentico della poesia.
La contemplazione dell’ordine necessario del cosmo diventa in Spinoza un processo attraverso il quale la mente umana “si etterna”, per dirla con Dante. Non si tratta più del dogma religioso dell’immortalità intesa come prosecuzione della vita umana in una durata di tempo indefinita, bensì dell’eternità intesa come breccia che irrompe nel continuum storico. Soltanto l’eternità redime dal…
Nominare Dio equivale a nominare l’Uno, principio fontale di tutte le cose, afferma Pico del De ente et uno. Ma in questo caso nominare non significa determinare l’essenza, attraversarla con gli strumenti dell’umano intelletto, ingabbiarla nelle maglie del linguaggio umano. “Uno” è il nome che esprime lo sgorgare di tutte le cose dal principio ineffabile…
In un suo aforisma, Emil Cioran ricorda l’attacco di noia che ebbe all’età di cinque anni, in un pomeriggio tetro e indimenticabile. Quell’attacco fu il mio primo risveglio alla coscienza, scrive il visionario cantore della disperazione. E’ la noia ad aprire una ferita nell’io, e quindi a determinare un contraccolpo che si fa rivelazione, illuminazione,…
Nel VI libro della Repubblica, Platone adotta il concetto tradizionale di “kalokagathia” come un involucro che viene ad essere riempito di un contenuto inedito, qualcosa di rivoluzionario rispetto al paradigma aristocratico da cui prende le mosse: il modello antropologico della “natura filosofica”. Colui che ha lo sguardo fisso alla natura archetipica degli enti, sottratti alla…
Per l’uomo medievale il labirinto è simbolo del viaggio verso il proprio centro spirituale. Non rimanda allo smarrimento, alla perdita dei punti di riferimento, al vacillare dell’identità, bensì alla ricerca della meta: la fede, prefigurazione della Gerusalemme celeste. In questo senso il labirinto rappresenta anche il tentativo di costruire un ponte tra la materia e…