La lingua dei demoni, nell’Inferno dantesco, mostra una metamorfosi che può essere descritta secondo due vettori: come essenza belluina che si affaccia all’universo del linguaggio umano; oppure, come essenza umana che si inabissa nell’oscurità della “mente” animalesca. La confusione babelica che affligge il linguaggio di Pluto (Inferno VII) e Nembroth (Inferno XXXI) è inscindibile dalla mostruosità delle loro anime, collocate in una nicchia ontologica dove il confine tra uomo e bestia sfuma nella più completa indeterminazione.
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