“Feu” è la parola chiave della lettera che il 15 maggio del 1871, Rimbaud scrive a Paul Demeny: “Donc le poète est vraiment voleur de feu. “Dunque il poeta è veramente un ladro del fuoco”. Il poeta è come Prometeo, ma nel caso di Arthur il dio a cui sottrae il fuoco è uno Zeus acefalo, umbratile, irrisorio. E se il fuoco serve a sfondare il cuore di tenebra del reale, la poesia è il polline della follia che si estende sulla grigia razionalità dell’Occidente. Quella sedicente razionalità di cui la Francia ottocentesca è icona e simbolo.
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