Vado distratto,
rimuginando tra me
sulle mie vergogne,
a darmi conto
di tormenti e afflizioni
negli assolati meriggi
che l'anima mia battezza
"meriggi di dolore".
E nel cuore in subbuglio,
impalpabile filigrana
tra passi senza distanza,
riconosco il mio vivere,
il mio esser diventato
quasi un vecchio attaccapanni,
insofferente,
adornato con gusto
da mille malattie,
che non tiene più appesi
nemmeno i sensi di colpa.
Vado ancor veloce
in quei passi perduti,
selvatici e amari,
gettando lontano il mio sguardo
negli occhi rivolti al Cielo.
E il mio viso si smorfia di compassione.
.
Cesare Moceo ragazzo del 53
Poeta di Cefalù destrierodoc
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Poesia