Tra le tante affermazioni rivoluzionarie che si possono trovare nel "De vulgari eloquentia" di Dante, ne esiste una che anticipa le tesi di gran parte del cosiddetto post-strutturalismo, da Lacan a Sollers. In un passo del primo libro del trattato, Dante afferma che il significante "Amore" – identico in italiano, in lingua d'oc, e in lingua d'oil – è la prova dell'esistenza di una lingua primigenia comune a tutto il genere umano. Si tratta della lingua adamitica, dispersa dopo il crollo della torre di Babele e caduta in oblio, secondo quanto attesta la "Genesi". Assumendo le sacre scritture come "mito" di fondazione, Dante ribadisce che "Amore" costituisce la traccia mnestica della lingua primordiale: non a caso è la lirica amorosa di fine duecento a dare un nuovo inizio alla letteratura romanza. Detto altrimenti: "Amore" è il significante assoluto che custodisce il cuore primordiale del dire poetico.
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