Etimologicamente, il termine “templum” indica un ritaglio del cielo, il frammento da cui l’augure desume gli indizi per divinare. Da questo termine si genera il verbo “contemplare”. L'attività contemplativa, lungi dall'essere il polo opposto della cosiddetta "vita attiva", è un tratto tipico dell’essere umano nella sua distanza dall’animale, nella sua tensione verso le profondità celesti da cui sente di provenire. E’ una profondità verticale che si spalanca verso gli abissi dei mondi superiori. Non a caso Dante, nel “Paradiso” colloca gli spiriti “contemplativi” nel cielo di Saturno, l’ultimo dei sette cieli planetari, inferiore soltanto al primo mobile, che a sua volta costituisce il confine del mondo fisico e l’ingresso nel mondo metafisico dell’Empireo. Lo spirito contemplativo, si direbbe, è animato da una nostalgia della profondità celeste. Dal desiderio di tornare in patria.
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