Nella "Lettera di Lord Chandos", Hugo von Hoffmansthal descrive lo stato di paralisi che si prova nel momento in cui la cosiddetta 'ispirazione' poetica vien meno. Le parole diventano ostili, si trasformano in occhi che fissano l'autore con uno sguardo cupo. Eppure, dietro questo mancamento, si apre uno spiraglio. E' come se il poeta, in questa condizione di paralisi temporanea, scoprisse una nuova intimità con le cose, un'intimità che si fa promessa di un nuovo linguaggio nel momento in cui decreta la morte della lingua pregressa. Colgo, in queste pagine, una definizione inedita di "silenzio": il silenzio non è la fine della parola, ma l'intervallo che separa il linguaggio di prima, decaduto a rumore, dal linguaggio a venire, che ancora attende di essere ascoltato ed esplorato.
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