Poesia

Tempo moderno

6 settembre 2020

E come svegliarsi
d'improvviso al mattino,
e scoprire,
constatare,
che qualcosa
è cambiato
impercettibile,
percettibile,
nel micro cosmo
personalizzato
ritagliato ad
arte dal tutto,
ci circonda,
ci confonde,
ci annienta,
ci fortifica.

Micro cosmo,
rivestito della
nostra pelle,
del nostro odore,
sapore,
glorificato
con olio santo
nel santuario
pelegrino
delle fobie ancestrali, 
tribali,
per appagare
le debolezze
che ci schiantano
ogni giorno
con la veridicità
randomizzata
del destino
amante dell'incerto
movimento
tra la terra e
l'infinito.

Mascherine armate,
disarmate
nelle terre
accidentate
del virus,
tra paesaggi sconnessi,
friabili,
nauseabondi acidi,
di ibrida follia
insensata,
sconsiderata.

Televisori in alta
definizione,
animati dal passaggio
febbrile
di pubblicità,
e programmi a tema,
cantico di una ripresa,
rapida e fulminea.

La voce di Charlie Cheplin,
riesumato,
emerge dal lontano
1940,
dalla nebbia dell'oltretomba,
recita una splendida utopia,
come una medaglia d'oro
dei cento metri entra da uno
orecchio,
ed esce dall'altro.

Orecchie,
orecchie,
indifferenti,
della modernità del singolo,
mentre la pandemia prende,
il sole nelle spiagge del mondo,
si abbronza alla salute di tutti,
sopratutto,
e dico, sopratutto,
di chi sottovaluta il suo alto
tasso di infezione, 
che non fa
discriminazione,
non fa sconti
non risparmia,
colpisce tutti,
e strangola, strangola
con forza omicida
il collo della sanità globale,
riempiendo i sudari,
con nuda e povera carne.

Come ciliegina sulla torta,
come è facile,
mentire,
fingendosi interessati
dell'altrui sorte,
negativa,
positiva,
nel bene,
nel male,
maestri della
ricamatura,
con esagerazione
al compiacimento.

Parole sputate,
in faccia all'ascoltatore,
non sentite,
dette per circostanza,
come un mediocre
falsario,
nei panni
di un grande
falsario,
che getta,
monete,
senza
alcun minimo
valore,
nelle tasche di chi cerca
un amicizia sincera,
nella tragedia
e nel sorriso.

Ma questo non esiste,
non più, siamo tutti falsari
rancorosi ammassi
infelici,
senza pace,
sempre in guerra,
nelle schizzoidi
fasi della vita,
psicopatica,
contorta alienazione,
tra i riflessi
di una futura
ressurezzione
antichità di
un epoca d'oro.

Decadenza sfoggia
i fasti di un tempo,
in una surreale sfilata
di oblii senza
schietezza,
alcuna sorta di opinione,
la moda dell'apatia
governa sovrana,
il perdono,
la comprensione,
la pazienza all'ascolto,
identità
umana,
tutto arso
da lingue di fuoco,
come libri proibiti,
banditi,
dalla società odierna,
colpevoli di aprire
le porte del cervello,
chiuse,
per non pensare,
chiuse,
per non umanizzare.

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