14 novembre 2019
Una decade supino,
in un giaciglio,
di caledule,
incosciente,
per un sinistro,
autostradale.
Estratto,
dalle lamiere,
dell'abitacolo,
accartocciate,
su se stesse,
come in preda,
a un
lancinante dolore.
Ho girovagato,
per rotte,
astratte,
mentre Beethoven,
accompagnava,
i miei passi,
suonando,
al chiaro di luna,
con uno strumento
a tastiera,
d'orchidee.
Accordi armonici,
del basso,
quasi sempre,
in ottave,
facevano,
sbocciare
le calle,
nell'indefinita,
veduta,
di nebbia
ammantata.
L'undicesimo,
sei sbucata,
insieme,
al tuo
camice,
da
infermiera,
al bavero
un gilio.
Tonato,
nei percorsi,
dei vivi,
una composizione,
di rododendri,
ti ho donato,
e negli
anni a seguire,
tra fiori di arancio
e di peonia,
d'amore
ci siamo
perfezionati,
nella nostra
casa,
di gardenie,
e garofani bianchi.