29 settembre 2020
La febbre dell'oro,
tra le pietre,
tombali,
di un cimitero,
in mezzo,
a una
guerra civile,
fregola,
nel frugare,
gli onori,
di ciò
che non è
più presente,
col suo battere,
e strascicare.
Far correre,
forsenatamente,
la propria
carcassa,
di
sudaticcia,
sporcizia,
con
stivali
come
calzari,
girare,
e
rigirare,
i tacchi,
nell'accelerazione,
vorticosa,
di una
giostra
di lapidi,
mute,
e
canti delle sirene
come speroni:
Solo,
una particolare,
combinazione
di
caratteri,
in rilievo,
darà
una
conclusione
a quella,
morbosa,
ricerca.
Un duello a tre,
tacito,
contratto,
finalizzato
a guadagnare,
la sopravvivenza,
inumata,
in un giaciglio,
a riposare,
insieme,
ad amabili,
e
odiabili,
resti,
di
miraggi
in putrefazione.
Muscoli,
tesi
pronti,
a scattare,
come
molle,
al millimetrico,
sentore,
di movimento,
riflesso,
nelle
pupille,
indagatrici,
sfida,
a
mantenere
lo sguardo,
puntato,
nell'immobilismo,
totale,
a
molestare,
gli
sguardi.
Una stasi
apparente,
un bilanciamento,
precario,
di
forze
opposte,
al
comando
del
tutto
la
febbre
dell'oro.
Tutto
l'insieme,
rotto,
dalla
rapidità,
del
fischio,
del
vento,
il cadavere,
della
sentenza
da
fare
interrare,
da
qualche
spirito,
di
passaggio.
Chi non
ha
nome,
conduce
al
tesoro,
dalle
sue
ossa
tutelato.
Un occhiello,
il sibilo,
del
vento,
per
il
gioco
dell'impiccato,
la febbre
dell'oro,
spartizione
e
titoli
di coda.