Rileggo la prima stanza del "De profundis" di Georg Trakl (qui di seguito, la mia traduzione libera):
"C'è un campo di stoppie in cui cade una pioggia nerastra.
C'è un albero bruno, che svetta in solitudine.
C'è un sussurro di vento che circonda vuote capanne.Come è triste questa sera!"
Il senso dell'inesorabile, scandito dall'anafora martellante del pronome neutro ("Es") con cui la lingua tedesca esprime le forme verbali impersonali, sembra alludere all'intrinseca impossibilità del dire poetico di dare un nome alla salvezza. Il tempo è congelato. Qualcosa accade. I rintocchi dell'Es scandiscono il ritmo di un tempo glaciale, scardinato da ogni linearità cronologica. Eppure la parola poetica si sottrae alla tentazione del silenzio, non cede alla tentazione dell'ineffabile. Sotto questo profilo Trakl non è affatto un mistico ! Il lascito del poetare di Trakl, possiamo dircelo francamente, è ancora tutto da assimilare.
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