Sol del mio ansimante autofrodarmi ebbro
or in guisa di prostrato lebbroso m’aggiro
di vicoli ne’ quai un tempo sovran fui e or son obliato
e fu forse maledizion che foss’i germogliato.
Come ubriaco tra mura d’ermeneutiche errabonde giacqui
d’irrazional tenzon urlai, ma poi sempre mi tacqui
ch’a vipera in me dondolavasi della ragione l’ decomporsi
e malesseri e incertezze m’assalivan come orsi.
Morbo m’infuse l’ingannevol carezza di prelati
ch’altro restan ora, se non schegge di templi profanati?
Del ricercarmi il prisco rischiararsi anelo
ma nulla più odo sol che mi sputa in viso il cielo
nell’iridi mie ostendesi ‘l campo dell’incompiutezza
laddove forse celasi la vera mia bellezza.
Poesia