Bambina ancor che mi trovavo,
la penna presi ad amare e corteggiare
ricordo quella notte e quel frammento di realtà
in cui trovai coraggio e le chiesi:
“insegnami il senso vero della libertà”.
Rifulge nella memoria quel giorno celestiale
del primo servizio che donai al telegiornale
l’emozione nella voce, la pienezza dentro il cuore
nell’imparare a raccontare tutto
sulla gioia e sul dolore.
Mai vi potrò cesellare l’emozione
del fruscio fresco dei fogli dentro la mia redazione,
cara Rai mi accogliesti nel tuo grembo
e desidero saperti meritare
con la passione della giornalista vera
che ho desiderato diventare.
Il vento disegnò un biglietto nel mio cielo
destinazione Somalia
con la missione di raccontare i dolori e le speranze della gente
mortificata da bande di sciacalli criminali
e dal sangue dei loro dollari da maledire
sono Ilaria e la mia voce possa diventare
la voce di chi laggiù non vuole più soffrire;
ma una mano invisibile che non riuscii a percepire
a me disse con lacerazione
“ciò che è un tuo grande desiderio,
nulla più resterà che un’illusione”
poi si dileguò senza darmi il tempo davvero di capire,
che ciò che chiamavo futuro era per me soltanto
l’odore acre e traditore del morire.
Miran fu tanto bello lavorare insieme a te,
come me sapevi che c’era da rischiare,
in questo gioco color fascino e pericolo
che è la nostra professione di informare,
a te dico ora uomo di ciò che fu anche il mio mondo
regalami un tuo piccolo pensiero
quando il tuo sguardo si poserà sul mio
davanti alla mia lapide al cimitero,
ai miei colleghi giornalisti queste parole lascio,
“non maledite mai il vostro coraggio,
fate della vostra identità
un inno alla ricerca della verità”,
mi chiamo Ilaria
e la mia corsa troppo presto si è esaurita
fragile e indifesa come punta di matita
non dimenticatemi col cuore e con la mente
e allora non sarò morta veramente.
Poesia