Se io fossi un poeta
scriverei belle rime
e metafore, con
metrica stretta
e ritmica perfetta.
Vi farei sognare
sirene del mare
venti profumati
tramonti dorati.
Vi farei vedere
cieli incredibili
stelle invisibili
amori impossibili.
Sarei il cantore
della bellezza
fugace,
della illusione
inutile
di un mondo
dove solo il bello
è possibile,
di una vita da
amare anche
se il dolore
è innegabile.
Ma io non
sono un poeta,
sono un uomo
che nasconde
nel cuore
grave pena,
un bambino
che piange,
un cronista del
suo breve tempo
che osserva
la vita che passa
e le sciagure
del mondo.
Sono colui che
si cala nel fondo
dell’abisso,
nel buio del male,
per smascherare
la realtà e poter
risalire verso
una luce lassù
in un cielo più blu.
E scrivo
col cuore,
mediando
tra filosofia
e poesia,
parole
di pace e di
fratellanza,
contro la
menzogna
contro la guerra,
per unire nemici,
per farli tornare
nel luogo dove
mai sono vissuti.
A volte per
alleviare la
mia pena e
la delusione,
come i poeti
scrivo di stelle
e di rose,
canto l’illusione,
della felicità
della bellezza
dell’amore.
Illusioni che
lentamente
sfioriscono
mentre chi
illude, è forse
più onesto
di chi non illude
e chi si lascia
illudere, è
forse più saggio
di chi non si
lascia illudere.
Anche perché è
meglio l’illusione
dato che
perfino l’amore
ha i suoi denti e
i denti mordono
e i morsi
non guariscono.
Ma non riesco
ad ignorare
la scia di pene
che porta il
passaggio di
spettri di vite,
di bambini
che nascono e
si cancellano.
E non riesco a
non vedere la
vita e la morte
che ad ogni istante
ci guardano
e ci abbracciano.
Questo è il mio
modo di entrare
dalla porta della
realtà, mentre
i sogni
restano sogni.
Se queste parole
sulla battaglia
della vita ti
hanno insegnato
a guardare
meglio la guerra,
forse capirai
i limiti umani
della nostra
breve esistenza.
E capirai che
nella pace
dobbiamo
essere uniti,
fratelli abbracciati
ad ogni vita,
per sopravvivere
sul nostro pianeta.