Poesia

QUANDO LA MIA POESIA ERA ACERBA

Quando la mia poesia era acerba,
di scrittura infantile e incerta,
presenze della mia tenera vita ,
ombre incombenti
sulla realtà e la fantasia,
nuvole perenni e inconsapevoli
oscuravano il sole che brillava in me,
quel sole magico che m’illuminava l’anima. Inspiegabilmente, con misericordia,
riuscivo a comprendere le adulte mancanze,
respiravo l’ignara miseria,
percepivo l’oscura povertà.
Sguardi racchiusi in tristi gabbie
di pragmatica e schematica apparenza.
Quando la sensibilità era ignota ai loro cuori,
sopraffatta da ataviche convinzioni,
nel mio, invece, sbocciavano grandi sogni.
Tra grida stridule e sferzate verbali
fiorivano sequenze oniriche e piacevoli,
fuggivo, volando su fantasiose liane, nel cuore di meravigliose foreste tropicali.
Quando i miei compiti erano decorati
da numerosi punti,
come nere stelle in un cielo bianco,
io, soltanto io, fra piccole anime,
vedevo l’universo e l’arte astratta.
Quando lacrime di rabbia
scorrevano dagli occhi
bruciando le gote fin sulle labbra,
sentivo amaro il gusto dell’ingiustizia.
Nel silenzio del mio angolo oscuro,
solitario, meditavo precoci versi,
preziosa linfa di forza morale in soccorso alla mia piccola esistenza.
Quando la mia vita era acerba la poesia brulicava nelle dita
delle mie piccole mani,
cresceva in quella piccola testa,
in quel piccolo cuore
palpitante di rabbia e d’amore.
Quando la mia poesia era acerba
leniva l’insolita durezza
di quella giovane vita.
Come panacea per anime ferite
era la mia acerba poesia…

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