Poesia

CICALA E FORMICA © IRISV

Un bel dì la formica laboriosa,
affaticata assai dalla calura estiva,
incontrò una cicala canterina
che, felice del suo canto esasperante,
strimpellava una chitarra troppo grande.
Stanca e mogia la formica
s'apprestava a rincasare,
col suo carico di roba da mangiare,
prevedendo un rigor lungo invernale
e lo scarseggiar del cibo
sul terreno ricoperto dalla neve.
Uno sguardo sorvolò quella cicala,
che suonava e cantava a più non posso,
sotto un pioppo, al riparo delle fronde,
a godersi ampiamente la frescura.
"Lascia stare di sudare e camminare,
vieni qui accanto a me, t'insegnerò a cantare."
"Canta, canta, che l'inverno è già alle porte,
suona e canta quel tuo canto petulante,
poi non starti a lamentare,
se la pancia resta vuota, senza nulla da mangiare!"
Replicò tale formica, parecchio risentita.
Ed il gelo venne infine molto presto,
a rivestir la terra d'un gran candido mantello.
La formica se ne stava nella tana,
al calduccio, con la scorta di provviste,
a svernare, in attesa del bel sole.
La cicala canterina,
non cantava dalla sera alla mattina,
visto che la pancia vuota
reclamava e borbottava una cena, perlomeno.
Ma, ahimè, priva d'esser previdente,
senza senno, nulla aveva messo in serbo,
in attesa dell'inverno alquanto freddo.
Triste e in pena, chiese aiuto alla formica,
che da ospite la prese, per saziare la sua fame
e un consiglio elargire, come amica,
affinché smettesse un poco di frinire
e più saggia, in futuro, divenire.

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