S'apriron l'onde, al suo apparir da dea,
nel suo splendor sublime e superiore.
Su madreperla d'una conchiglia immane,
s'innalzò alla superficie,
ancor coperta da bianca spuma.
Afros, sua spumeggiante madre.
Dolce, il viso ovale e delicato,
tremuli, gli occhi dallo sguardo languido,
univoco a far innamorare;
bionda, la chioma incorniciante il volto.
Melodia del mare, su note conturbanti,
a carpir respiro del biancore del suo seno.
Serena primavera l'accolse fra le braccia,
la rimirò estasiata:
candide e sinuose membra avea la dea,
sensuali e ignude, forgiate per amare; d'amplessi, regina incontrastata.
L'amore incarnava, dacché d'amor generata.
Figlia del cielo, Venere nascente, Afrodite, beltá innata, non trovante alcun pari, tra gli dei né tra esseri mortali.
Sbocciavan fiori sotto i primi passi del suo incedere regale,
del suo divino bacio aleggiava il sentore.
Poesia