Poesia

in morte di marco pantani

Restano rimpianti intrappolati
tra respiri di ruote ancora giovani
troppo per poter cessare di percepirsi respiri
tra grappoli di tour, classiche e giri.
Quanti traguardi io ho amato,
quanti poi mi hanno abbandonato,
lei soltanto amata bicicletta
mi è rimasta al fianco
vedendomi svanire maledettamente in fretta;
per me la fatica era bellezza
ma perché una sola debolezza
disastrato ha reso il mio avvenire
udii una voce
“Pirata, per te è arrivato il momento di dormire”;
di dormir l’indomabile sonno eterno
più non vedermi rifiorir dopo l’inverno
doping non basterà il ruggito di mille pedalate
per dirti quanto ancor ti odio e ti ho odiato.
Giovane che corri tra le strade
Non farti spaventar dalle salite
Nulla è più prezioso capirai pian piano
Che amare davvero le nostre vite;
regalami una carezza o un pensiero
sulla mia lapide accanto a nonno Sotero
carezza con la bici gli Appennini
come fossero teneri bambini.
Mi chiamavo Marco Pantani
E per uno di quei percorsi acidi e strani
La vita mi ha sedotto e abbandonato
Lasciandomi subito senza fiato.
Col mio velocipede fiero
Non sarò certo morto davvero
Amico guarda in faccia bene i tuoi guai
E a essi ti prego non cedere mai.

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