Non l'erette gambe
ti conducon al percorso ormai irto,
ma, d'una carrozzina, quattro ruote,
quasi ancor ad esser bimbo.
Strano come la vita, verso te,
non sia stata buona madre
e, a un certo punto, t'abbia così tradito,
mentr'invece agogneresti a tanto ancora,
tant'è che spesso sogni d'elevarti in volo.
Smarrito e solo, tra moltitudine diversa,
diverso, vedi tu stesso, innanzi tutto,
uomo non autosufficiente e dipendente,
irriconoscibile, se ti guardi allo specchio.
Crea rabbia l'impotenza, forgia dolor la differenza.
S'avessi voce, grideresti al ciel se tal martirio
è pena da scontar per colpe ignote.
Ti senti vivo, nei sensi e nei pensieri,
non sai accettar tale sguardo pietoso,
ti fa sentir meno che niente,
talvolta insistente, misto quasi a spregio.
Paiono muri inconsistenti, certi sguardi,
che ti separan dagli altri, dalla gente.
Abbassi gli occhi, per non vederli,
poiché non t'è dato d'annientarli,
seppur basterebbe un alitar di fiato
dell'umana e totale comprensione
per sgretolar tali barriere tormentose.
Preferiresti scrutar piuttosto occhi indifferenti
che mai t'arrechin tanto male,
o meglio ancor, le pacche sulle spalle
di volti sorridenti, che metton allegria,
affrancando la forza tua residua,
nonché la dignitá occulta,
che sa aggrapparsi a specchi,
alfin di far udir l'eco della sua presenza..
Unicamente allor percepiresti alternativa armonia,
nel ricongiungerti a ciò che più tuo non senti,
aspirando alla pace interior dell'io profondo,
perdonando il tuo fato spietato ch'ha leso il tuo corpo,
qual farfalla con l'ali spezzate, ch'agonizza al suolo,
qual gabbiano ch'ha lasciato il suo mar e che muore.
Malgrado ciò, come fenice, tu sei risorto,
non cercar dissonanza col resto del mondo.
Il tuo spirito antico invoca il tuo cuore,
intanto ch'irrora speranza di vita,
che non sia un'utopia, alternativa armonia.
Poesia