Fiori, com'emblema di beltà fattasi reale,
s'abbarbicano a scale inestinguibili,
nel contesto di quel che è stato il vivere,
disperdendo petali sfioriti, su scalini
che divengon dura roccia,
quand'il fato si rivolta alla speranza.
Sovrapposti pezzi di quotidianità quiescente,
talvolta giace inerte, talora sì agguerrita,
acciocché intuirsi pressoché viva.
Sparpaglia, il vento, fiori rinsecchiti.
Assurda, la fatica, se spine trafiggono la pelle,
lacerando carne, ch'insanguina gradini
fattisi fatiscenti, nella salita senza fine.
Si volta, lo sguardo, indietro,
retrocedere, vorrebbe, l'istinto,
seppur sia consapevole dell'impossibile.
Ridiscendere, correndo, alla scintilla,
argutamente, alfine, risalir, con gaudio,
su fiori che non abbiano a sfiorir e non più spine.
Fuggiasco, il tempo, intanto avanza,
non recede e non s'attarda ad aspettare,
ma procede, sulla scala ch'è finita, rubandoti la vita.
30-04-2016
Poesia