Quando sarò verme e il cielo risuonerà le sue più belle saette su le antiche strette viette – ritornerò in quel cielo ceruleo di cerata mantella.
Molle campana sempre solitaria che passavi tra i bagnati bugnati gemme della regia corte regina da badessa l’unica aria concessa.
Pioggia cade su le rugate chianche bianche come mille tombe allagate. Remote isole di ragazzino vagante in affogati pensieri – cadono stille:
forse pensavi a la pioggia che si poggia sulle lunghe nude gambette bagnate come un petalo di madre che tenue sfiora boccioli
oppure pensavi a la pioggia che si sfoggia nelle sue golose velate labbra che duro sfioravi come oggi di sirena sfioro i rasoi delle dure squame
per caso pensavi a la pioggia che si fa pioggia e dono di natura nella distillata solitudine bagnata diventando inganno che riempie calici e fogli bianchi
Pioggia cade – fra le foglie galleggio su le gocciole senza ormeggi come naufrago di confine, fra le soglie stranieri giaciamo Fratello, lontano nei vicoli di Giano non si aprono ombrelli e l’umido passato sui fogli asciuga.
Poesia