Odissea in alto mare
Sotto l’imperversare della guerra
ho lasciato la mia martoriata terra
percorrendo valli e monti
mi nascondevo alla luce dei giorni
correndo solo a notte fonda
per sfuggire alla vista della ronda.
In quella notte di nuova luna
ho raggiunto una piccola radura
ormai da tempo non mangiavo
avevo freddo e mi sentivo malato
i piedi mi facevano molto male
attorno il silenzio era tombale.
Sedendomi un attimo sotto le stelle
la brezza mi accapponava la pelle
in me s’incuneavano le paure
ormai il mio destino era di esule
così l’ultima ancora di salvezza
era d’andarmene dalla mia terra.
Nel correre a volte inciampavo
pur imprecando sempre mi rialzavo
sperando in una non lunga attesa
l’imbarco era alla baia nera
la mia speranza era un mondo nuovo
dove poter vivere in modo dignitoso.
Ancorato a riva un vecchio barcone
tenera la luna, si cullava sulle onde
come fioche luci di lanterne
nel cielo poche erano le stelle
mentre stavamo tutti nel raggelo
rombi d’aerei solcavano il cielo.
Navigando sulla distesa del mare
qualcuno prese a vomitare
altri pregavano il loro dio
mentre chiedevo aiuto al mio
trovato un posto isolato
mi sono addormentato.
Uno scossone mi ha svegliato
il mare s’era fatto molto agitato
nel barcone s’era aperta una falla
ormai eravamo seduti nell’acqua
la nebbia aveva calato il suo muro
davanti a noi solo un mondo oscuro.
La paura ci invase gli animi
urlando molti seguirono i primi
trovando in quel mare la loro pace
per loro, tra me dissi un Ave
vedendo una grossa tanica
mi buttai su quella spessa plastica.
Avevo freddo e tremavo
vedendo luci lontane urlavo
nel suo ondoso il mare mi travolse
no… non volevo vivere quella morte
disperato risalii da quel terrore
aggiungendo alla mia vita nuove ore.
Avendo un forte mal di spalla
nel mio teso faticavo a stare a galla
ma vedendo l’alba rinascere
mi feci forza per nuove mete
ora il mare era in onda placida
e nel silenzio sentivo delle grida.
Una mano richiamava aiuto
nel mio stato confuso
raggiunsi quell’anima indifesa
la riconobbi, era la piccola Teresa
a se stringeva un orsacchiotto
vedendomi si aggrappò al mio corpo.
Davanti a me galleggiava la morte
solo noi due stavamo stretti forte
tra i raggi delle prime ore
vite spente ondeggiavano al sole
in me piangevo per l’amaro dolore
d’aver perso amici di ogni nazione.
Non so quanto tempo rimasi in mare
mi son svegliato su una nave
addosso non avevo più i miei stracci
ma abiti asciutti e scarpe con i lacci
chiesi dove fosse la piccola Teresa
dal mutismo del capo intuii che non c’era.
Chiudendo gli occhi mi misi a piangere
non ci potevo, no… non volevo credere
che pur lei fosse annegata in quel mare
dove seduti a riva le raccontavo le fiabe
no… lei era sulla spiaggia con l’orsacchiotto
dove spesso andavamo a vedere il tramonto.
© Nilodan Gi.Pi
2019.