al culmine del buio un serafino
comprime il palmo sottile
sulla volta celeste,
intento a saggiare
la gibbosità del Tutto.
riconosci la voce madida di noia,
ti sfiora le tempie riarse.
sei un buco nero
che sbanda tra felci e ramarri
cercando riparo al supplizio.
e il cherubino dipinto
sul muro di cinta del mattatoio
sembra un airone ferito,
pronto a cabrare, sgraziato,
sulle vasche vuote.
sei un rantolo d'agonia
che annaspa nel cielo
bituminoso e smorto,
in attesa di un mondo a venire.
vorresti origliare ancora,
l'orecchio appoggiato
all'ultima sfera celeste
che ruota, lenta e
infingarda come un arcolaio
affidato alle mani di un bimbo,
spiare il rantolo degli amanti
sotto la canicola, le voci
dei gufi arrochiti.
e intanto Antares veleggia
sulla cresta dei pini
in riva al mare.
il firmamento è un ingorgo
di suoni accagliati,
teatro di un'apocalisse
in divenire.
il serafino rimira dall'alto
dei cieli, di sbieco
le ellissi di Giove e Saturno.
ci gode con occhi di baro
sapendo che il Giorno è lontano,
e si innamora, perdendo la mente
nell'infinito sfascio dei mondi.