Diario

la miseria dell'intelletto scisso dall'immaginazione

Sulla scia del "De anima" di Aristotele, i medievali stabiliscono che l’intelletto non dispone di alcun contenuto conoscitivo che prima non sia passato attraverso le finestre dei sensi, e che niente l’intelletto concepisce senza l’aiuto di un’immagine elaborata dai sensi interni. L’immaginazione è la facoltà che compendia i cinque sensi interni, insegna Avicenna. Ne consegue che l’intelletto è tributario delle facoltà dell’anima considerate inferiori. Riceve i materiali dai sensi esterni. Pensa se e soltanto se l’immaginazione lo affianca fornendogli un supporto operativo. E dunque, non esiste intelligenza senza immaginazione. I concetti non sono mai puri, immuni da presunte “contaminazioni” con il mondo delle immagini. E’ soltanto la modernità post-cartesiana a bandire le immagini dal proprio universo conoscitivo. Privato dello spirito delle immagini, l’intelletto cartesiano si riduce a ratio calcolante. E’ un intelletto che misconosce la poesia. Il pensiero, disincarnato e affrancato dalle immagini, è ormai alla mercé del calcolo. Riflettiamo sulla ricchezza del Medioevo e sul processo di impoverimento che la modernità ha determinato, anche nell’ambito della gnoseologia.

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