Il tempo come flusso che scorre omogeneo, quasi accomodato, per così dire, in un "luogo" tutto suo, è metafora che da Aristotele arriva a Newton senza scarti di rilievo. Tutto cambia con il pensiero letterario, filosofico, scientifico del Novecento. Proust narra di un tempo fluttuante. Bergson teorizza il tempo della durata come metamorfosi costituita da intensità pure irriducibili a una misura comune. Heidegger teorizza la temporalità come senso della cura, poi naufraga in una nuova ontologia. E infine la meccanica quantistica, con i suoi tempi al plurale. Lo scarto avviene in questo passaggio che attende ancora di essere indagato in tutte le sue enormi implicazioni. Il "tempo" al singolare non esiste, esistono dimensioni temporali plurali e sovrapposte, che interferiscono le une con le altre restituendoci l'impressione di un'unica durata temporale comune a tutte le cose.
Diario