31 agosto 2020
Il chirurgo,
camice,
del color,
del sangue,
apre,
la mia testa,
e mi trova
sdraiato,
su un amaca
di mattoni
rossi.
Il mio gatto,
rosso,
fusecchiante,
sdraiato,
sulla mia schiena,
miagola,
la ninna nanna.
Come camomilla,
assopisce,
i miei sensi,
sdraiati,
su un tetto,
di tegole rosse,
sopra elevato,
fino
ad annullare,
la sua gravita
nello schizzo,
di massa
astronomica
che compone,
il mantello,
della realtà
universale.
Giunge,
d'improvviso,
il suono,
di un ocarina,
da una coordinata,
sconosciuta
sulla terra.
In risposta,
non annunciato,
giunge il suono
di un ocarina,
accompagnato
dal suono
di un arpa,
dal vuoto
imprecisato,
dove nuotano
fredde
lampadine.
Questa
melodia,
la riconosco,
il vessillo
della mia infanzia,
mai ripudiata,
dall'adulta
corsa
contro
l'imbruttimento.
Repentino,
apro gli occhi
il chirurgo,
sparito,
inghiottito,
da qualche,
realtà virtuale,
o anomalia
sconosciuta.
Sopra di me
un vascello,
di cui
possedevo
una
riproduzione,
in scala,
da yattaran
in persona
modellato.
Scorgo,
il capitano,
splendidamente,
disegnato,
nelle ligne,
nelle proporzioni
nello stile,
nel carisma.
Nella benda,
ancora
la voglia
d'avventura,
verso
l'ignoto
mitologico,
di un bambino,
che voleva
essere capitano,
dell'arcadia:
Il capitano
Harlock,
con su
la
spalla,
la creatura
alata,
e nel bracciio
il coraggio
di essere pirata,
pirata,
spaziale.