Ho sbagliato forse tanto
a esigere dal mio vivere
sacrifici immani,
inimicandomi la sorte
al pensier di soffrire
piuttosto che abbracciar la noia;
e sofferenza più grave
credo sia stata
esistere in quel pensiero.
Mi ritrovo adesso
quasi senza volerlo,
a riflettere spesso
sui quei miei discernimenti
e là mi sorprendo ancora
della natura calma
con cui regalo i giorni
alle mie vanità.
E anche nell'egoismo
di non affliggermi
in segnali di dissenso,
o nella paura di me stesso
quale portavoce
d'astratte saggezze,
m'accorgo con coraggio
che il mondo attorno
non mi supera in migliorìa
anzi accentua il mio distacco.
Così piango solitario
le mie giornate imperfette,
al sentir l'intimità
come qualcosa che accade
nell'intervallo degli attimi,
come se fossi fermo sulla cima
di un abisso capovolto
che in realtá mi relega al suo fondo,
come se questi giorni di vigilia di festa
fossero messaggi d'altre nefaste vigilie.
Sará la paura
del ricordo di scorse tragedie
a rendere ai miei occhi la visione
di un cielo ricolmo di cirri,
nuvole trasparenti ma minacciose
che cospargono i pensieri
d'ombre maculate d'un incerto futuro
.
Cesare Moceo ragazzo del 53
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Poesia